Per salvare la Terra dobbiamo proteggere la terra

La gestione attuale del suolo è incompatibile con la salvaguardia del pianeta, secondo un rapporto dell'IPCC su terra e cambiamenti climatici

Una miniera di carbone. Negli ultimi decenni lo sfruttamento della terra è stato talmente intensivo da renderla incapace di rigenerare le risorse che le attività umane le chiedono © Anyt_Havaub/pixabay.com

La Terra ci nutre. Ci protegge. Ci offre risorse imprescindibili per la vita umana. Eppure, proprio l’uomo, con le sue attività, la sta «dissanguando»: con lo sfruttamento insostenibile delle risorse. Con l’agricoltura intensiva. Con la deforestazione incontrollata. Mettendo in pericolo non soltanto la nostra capacità di fronteggiare la crisi climatica, ma anche le nostre condizioni di vita.

Il 70% della terra emersa libera da ghiacci è oggetto di attività umane

L’impatto delle attività umane e dei (conseguenti ad esse) cambiamenti climatici sul suolo è stato oggetto di una settimana di lavori nello scorso mese di agosto. Dal 2 all’8, i delegati dei 195 Stati membri dell’IPCC (il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite) si sono riuniti a Ginevra. Obiettivo: approvare la sintesi del primo rapporto che ha trattato la situazione dell’insieme delle terre emerse.

La deforestazione in Amazzonia è legata soprattutto all’agricoltura intensiva e all’allevamento. Nonché alla dipendenza storica delle nazioni europee dalle importazioni di proteine animali © Matt Zimmerman/Wikimedia Commons

Lo Special report “Climate Change and Land”, curato da 107 esperti provenienti da 52 nazioni, rappresenta l’ennesimo campanello d’allarme. E l’ennesimo atto d’accusa contro un sistema produttivo ed economico incompatibile con la salvaguardia del Pianeta. «I dati disponibili a partire dal 1961 – si legge nel testo – mostrano come la crescita della popolazione mondiale, il consumo procapite di derrate, di alimenti per animali, di legno e di energia hanno portato ad un uso senza precedenti di terre e acqua dolce».

Sul nostro Pianeta, infatti, sono presenti 130 milioni di chilometri quadrati di terre emerse libere da ghiacci. E più del 70% è oggetto di attività umane: forestali, d’allevamento o agricole. Soltanto queste ultime, inoltre, sono responsabili del 70% del consumo mondiale di acqua dolce.

500 milioni di persone vivono in regioni a rischio desertificazione

Ma non si tratta soltanto di un uso intensivo. A preoccupare gli esperti dell’IPCC sono anche i metodi applicati: un quarto della superficie terrestre risulta infatti già oggi degradata, a volte irrimediabilmente. A ciò si aggiunge il fatto che circa 500 milioni di persone vivono in regioni nelle quali è in corso un processo di desertificazione.

Secondo due studi francesi la temperatura media globale potrebbe crescere fino a 7 gradi centigradi, nel 2100, rispetto ai livelli pre-industriali © CNRS

Alla pressione esercitata dall’uomo sulla terra, poi, si aggiunge quella derivante dai cambiamenti climatici. La crescita delle temperatura media globale, infatti, aumenta l’intensità e la frequenza delle precipitazioni e delle inondazioni. E ancora delle ondate di caldo e degli episodi di siccità. «Ciò pone a rischio i mezzi di sussistenza – spiega il rapporto -. Rappresenta una minaccia per la biodiversità, per la salute umana e degli ecosistemi, per le infrastrutture e per la sicurezza alimentare».

Più sfruttiamo (male) le risorse della Terra, meno questa è in grado di rispondere ai cambiamenti climatici. Grazie alla vegetazione e alle foreste, infatti, è proprio la superficie terrestre ad assorbire circa il 30% delle emissioni antropiche di CO2. Mentre, di contro, lo sfruttamento agricolo e forestale attuali sono responsabili di quasi un quarto delle emissioni globali di gas ad effetto serra. Ovvero del 13% della CO2 (per via della deforestazione), del 44% del metano (per via degli allevamenti) e dell’82% del protossido di azoto (per via dei concimi azotati) dispersi nell’atmosfera.

Acqua, boschi, diversificazione, dieta: così si può preservare il pianeta

Ne consegue, secondo il rapporto dell’IPCC, che l’unico modo per evitare uno sconvolgimento del clima globale è scegliere «una gestione sostenibile delle terre». Che significa preservare i boschi, migliorare la produttività della terra, diversificare le colture, ottimizzare l’uso di acqua, salvaguardare la capacità del suolo di assorbire la CO2.Ciò impone anche una trasformazione del sistema alimentare mondiale.

Quest’ultimo è infatti responsabile – tra produzione, trasformazione, distribuzione e consumo – di una quota di emissioni di CO2 compresa tra il 21 e il 37% del totale. In che modo operare il cambiamento? Lottando contro gli sprechi – spiega il rapporto – ma anche cambiando dieta. Con meno prodotti animali, più cereali, verdure, frutta e legumi.

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