Venezia annega ma non da sola. 640 milioni di persone a rischio per il mare che cresce
Gli scienziati rivedono al rialzo le stime: triplica la popolazione mondiale minacciata dall'innalzamento dei mari nel 2100
A Venezia lo scorso 12 novembre abbiamo assistito alle prove generali di un disastro climatico. Costa e laguna semisommerse, una delle città d’arte più famose del mondo invasa da 187 centimetri di acqua alta, gondole e vaporetti travolti dall’ondata di piena, la cripta di San Marco allagata, case e negozi devastati, una vittima. Centinaia di milioni di euro di danni. E il sindaco della città Luigi Brugnaro che, mentre il giorno dopo perlustra il dramma con l’acqua alle ginocchia, invoca il travagliato e controverso Mose, ammettendo: «Tutto questo è l’effetto dei cambiamenti climaticiVariazione dello stato del clima rispetto alla media e/o variabilità delle sue proprietà che persiste per un lungo periodo, generalmente numerosi decenni.Approfondisci».
piazza San Marco a Venezia invasa da acqua alta record il 12 novembre 2019 – video dei Vigili del fuocoLa lezione della laguna mostra il futuro del livello dei mari
Ma Venezia è solo un assaggio sgradito di quanto ci aspetta. Una dimostrazione empirica di in un quadro climatico che gli scienziati aggiornano e correggono man mano. E non di poco. Lo evidenzia drammaticamente una ricerca recentemente pubblicata da «Nature Communications» (New elevation data triple estimates of global vulnerability to sea-level rise and coastal flooding) che modifica – in peggio – le attuali previsioni sui rischi connessi all’innalzamento del livello dei mariÈ la variazione su scala mondiale e locale del livello della superficie dei mari, a seguito di diverse possibili modificazioni.Approfondisci provocato dalla crisi climatica in atto.
Gli studiosi, infatti, utilizzano un sistema di rilevamento differente e più accurato, il quale dà conto di una variazione così significativa delle precedenti stime da poter riguardare le decisioni di vita di circa 340 milioni di persone sul Pianeta nei prossimi 80 anni. Quel numero corrisponde a una popolazione diffusa che abita in territori destinati potenzialmente a venire sommersi dalle acque, rendendone quindi obbligato l’abbandono. L’unica alternativa è invertire il trend del riscaldamento globale nei prossimi 10 anni, sempre che i ghiacci orientali dell’Antartide non si sciolgano in misura eccessiva.
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190 milioni di individui condannati alla fuga
Gli autori dell’articolo costruiscono delle nuove previsioni a partire da quelle più accettate, che sono realizzate grazie al sistema di rilevazione (DEM, cioè digital elevation model) che sfrutta le scansioni della stragrande maggioranza delle aree abitate effettuate con un radar per 11 giorni nel febbraio del 2000 dallo Space Shuttle Endeavour (SRTM data). Tali scansioni, elaborate e poi rilasciate dalla NASA vengono impiegate per valutare l’esposizione della popolazione globale e nazionale ai livelli estremi delle acque costiere, e considerano un incremento medio globale del livello del mare in questo secolo sotto i 2 metri.
Impiegando un’evoluzione del modello di rilevazione chiamata CoastalDEM, i due ricercatori hanno però rivisto al rialzo le conseguenze che potremmo dover affrontare se le emissioni di gas serra proseguiranno come ora. «CoastalDEM indica che fino a 630 milioni di persone vivono su terreni al di sotto dei livelli di alluvione annui previsti per il 2100, e fino a 340 milioni entro la metà del secolo, rispetto ai circa 250 milioni stimati al momento. Stimiamo – scrivono i ricercatori – che un miliardo di persone ora occupi terreni meno di 10 metri al di sopra delle attuali linee di alta marea, compresi 250 milioni di persone su terreni al di sotto di 1 metro sopra le attuali linee di alta marea».
Se i ghiacci cedono, rischio escalation
Tecnologie più precise, e una correzione dei modelli di valutazione sulla concentrazione di abitanti che si adatta meglio ai Paesi dalle economie emergenti e marginali, portano perciò gli autori dello studio a descrivere una progressione allarmante della minaccia climatica portata dagli oceani.
- 110 milioni di persone già oggi vivono sotto i livelli massimi di alta marea;
- fino a 150 milioni di persone vivranno sotto i livelli massimi di alta marea nel 2050;
- fino a 190 milioni di persone vivranno sotto i livelli massimi di alta marea nel 2100 se le emissioni umane di gas a effetto serra cesseranno nei prossimi anni, e se i ghiacciai dell’Antartide orientale non subiranno uno scioglimento catastrofico;
- fino a 340 milioni di persone vivranno sotto i livelli massimi di alta marea nel 2050 se le emissioni umane di gas ad effetto serraGas che compongono l’atmosfera terrestre. Trasparenti alla radiazione solare, trattengono la radiazione infrarossa emessa dalla superficie terrestre, dall'atmosfera, dalle nuvole.Approfondisci continueranno ad aumentare fino ad allora, e se i ghiacciai nell’Antartide orientale si scioglieranno in misura catastrofica. Ma questa cifra potrebbe arrivare a 640 milioni di persone nel 2100.
Cina e Asia in prima linea, e altri 20 dovranno attrezzarsi
D’altra parte, non tutte le aree del Pianeta saranno ugualmente a rischio. Infatti oltre il 70% del numero totale di persone che attualmente vivono su terreni coinvolti dall’eventuale innalzamento catastrofico del livello delle acque marine si trovano in soli otto Paesi asiatici: Cina, Bangladesh, India, Vietnam, Indonesia, Tahilandia, Filippine e Giappone. La sola Cina rappresenta il 15-28% dell’esposizione globale e vedrebbe una stima della popolazione direttamente minacciata che passa da 43 milioni di abitanti nel 2100 a circa 57 milioni (una media tra 30 e un massimo di 100) in caso di instabilità antartica.
Dai calcoli basati su CoastalDEM Bangladesh, India e Vietnam arrivano tuttavia a competere con il dragone cinese in questa previsione, con un numero medio che varia da 21 a 30 milioni di abitanti su terre a rischio nel 2100, anche nello scenario a basse emissioni. Una stima decisamente maggiore rispetto ai 9–19 milioni ipotizzati dall’SRTM.
In generale, lo studio prevede che, oltre all’Asia ed esclusi i Paesi Bassi, dove la vasta rete di controllo delle inondazioni esula dai modelli di rilevazione, altri 20 paesi vedranno una quota di popolazione del 10% o superiore abitare in terre situate al di sotto delle linee di alta marea a fine secolo. E ciò anche in caso di profondi tagli alle emissioni di gas serra (RCP 2.6). Ad eccezione di Gibuti, Guyana e Emirati Arabi Uniti, tutte queste sono nazioni insulari, e tredici sono classificate dalle Nazioni unite come Small Island Developing States (SIDS), cioè le nazioni formate da arcipelaghi e piccole isole.